1977 - 1978
ADDIO GIOGAIE E SALTI LONTANI
(CANTO D’UN EMIGRANTE)
Da questa nave che gia' solca il mare
ti vedo scomparir, Sardegna mia.
E’ sera. Palpitan tenui nell’incerta foschia
lungo la costa le natie lampare.
Quanta tristezza e quanta pena ha il cuore!
La miseria mi spinse: son emigrante…
Impresso ho nel pensier l’ingrato istante
Dell’addio ai miei cari, i lor pianto e dolore.
Addio anche a voi, giogaie e salti lontani,
nel cui eremo bruciai la mia infanzia spensierata,
sinche', sempre servo pastor, capii la disperata
mia solitudine, vissuta per le altrui pecore e cani.
Percio' io parto, dura e sterpigna terra!
Forse un dì tornero', assetato, alle tue fonti,
a ritrovar, errante ancor pei monti,
l’ermo mio ovil, sperduto nella silente “serra”(1)
Autore Elio Aste
1990 - 1991
AMARE GLI ALTRI
E’ un pesante macigno
amare gli altri,
quando con pena t’accorgi
che non fra uomini sei,
ma fra aridi sassi.
Son troppi ormai
coloro che han perso
lo spirito divino:
cuori induriti dall’alterigia,
cuori pietrificati dall’egoismo.
Eppure il buon Dio,
come a tutti gli umani,
alito' nel lor petto
un’anima pura ed eterna,
che hanno infine gettata
entro il pozzo dell’indifferenza
o immolata sull’altare della malizia.
E’ un pesante macigno
amare gli altri
quando con pena t’accorgi
che il tuo sorriso,
aperto a raddolcire un cuore,
è stato irriso e frainteso
e che la mano che hai teso
è stata offesa
dal morso dell’ingratitudine
o dalla sferza dell’incomprensione.
Ma allorche' pensi,
con pietà e tristezza,
che questi infelici
dall’anima morta
son comunque fratelli,
ti torna improvviso il vigore.
Sollevi così quel macigno
per ritrovarvi sotto,
sempre intatta,
la volonta'
che ti conduce,
nonostante tutto,
ad amare gli altri ancora.
1978 - 1979
CUORE DI SUPRAMONTE
(AI PASTORI DEL GRANDE ALTOPIANO)
E’ l’ora, giovin pastor del Supramonte
di radunar dagli impervi dirupi nella sera
il gregge tuo alla consueta fonte:
l’oscuro ciel già minaccia bufera!
Fremono al vento le fitte selve e gli elci
paion giganti percossi. Bubbola un tuono lontano.
Ovunque è un inquieto stormir; le felci
son prostate da un sottile respiro d’uragano.
Anche il cuor tuo, o pastor, bubbola e freme.
Avvolge il tuo mantello il corpo e i tuoi pensieri
che ti riportan alla lontana amata, così che l’animo geme
all’anelata vision dei suoi miti occhi neri…
“O tenero asfodel, volar io potessi! – grida il suo cuore –
non son io veloce sparviero, ma che almen il pensier mio
giunga al tuo seno come un ardente messaggio d’amore…
Che tu possa sentire sulle labbra, come carezza, tutto il mio desio!”.
L’errante gregge, ormai raccolto, rifa' compatto l’abituale cammino
verso il recinto romito. Dentro un mantello è il fuoco,
fuori è il gelo. La bufera ormai infuria, ma l’ovile e' vicino.
Scende intanto il buio sui monti, a poco a poco…
1992 - 1993
GINEPRO FERITO
Ginepro solitario, ginepro antico,
ti ferì la folgore la',
sull’arcana vetta del Corrasi(1)
in una notte di selvaggia bufera.
Se non t’inaridì la roccia avara
e il tempo non riusci' a sfoltirti,
ci riusci' alfin quel turbinar di cielo.
Eppur su quella rupe chiara,
vertiginosa, arida ed ostile,
tu resisti, ancor ritto ed ancor vivo,
anche se in parte spoglio ed annerito.
Ma allorche' giunge il torrido meriggio
la severa montagna natia,
come madre amorevole e pietosa
che vuol lenire le ferite d’un figlio,
alita alfin fra i tuoi strinati rami.
Cosi' il suo fresco e vital soffio t’avvolge,
delicato e leggero come una carezza,
flagrante di timo, soffuso di mistero!
Autore Elio Aste
1976 - 1977
OMBRA SPERDUTA
(IN MEMORIA D’UNA SEQUESTRATA)
Che vai cercando, ombra sperduta e stanca
per erte rupi e fra gli oscuri boschi?
Quali segreti fini, quali foschi
ricordi tu vai inseguendo? Cosa alfin ti manca?
“Giunse per me – ella rispose – un funesto giorno.
Mi strapparon mani artigliose d’improvviso
verso l’ignoto. Quante lacrime amare sul mio viso
e nel cuor il presagio d’un incerto ritorno!
Da allor son anni ormai che vago per meandri
e per selve, giu' nel fondo di orride forre,
ove il vento s’incanala e corre
a carezzar i vermigli oleandri…
Io sto cercando la perduta pace:
voglio una tomba alle mortal mie spoglie
in terra consacrata, la' ove foglie
e petali di rose appaghin l’anima mia, che sol così si tace”.
1980 - 1981
TRANSUMANZA
Di gia' il ciel sull’orizzonte s’indora.
Discendon greggi belanti con gli irsuti pastori
dagli oscuri monti. Giunta e' infatti l’ora
degli addii. Cupi sono i pensier, tristi i cuori,
seppur adusi a bufere e a distacchi!
Da Aritzo e da Belvi', da Desulo e Talana
seguon, nel lor fatale andare, fra gelidi bivacchi
l’esile traccia, assai antica e arcana,
che per macchie e per coltivi discende ai Campidani,
la' verso le verdi piane e quell’argenteo mare,
cosi' diversi dai lor natii, aspri altopiani,
ove madri e trepidanti spose accanto a un focolare
attendono, pazienti, una lontana primavera…
Ma giungera' alfin, o pastor, tiepido un giorno
e sboccera' la fiorita del cisto, finche' una sera
s’aprira' il cuor tuo cantando all’anelata gioia del ritorno…
1973 - 1974
VENTO DI GORROPU
Come immane fendente di un gigante
tu m’appari, o Gorròpu (1):
forra profonda,
ferita immensa della terra:
mia amata terra segreta!
Innanzi a te quasi scompaio,
eppur m’inoltro
fra le tue braccia selvagge,
come un ansioso amante
che rincorra una promessa…
Or con timore, or con coraggio
son piu' che mai solo
ad ascoltare il vento:
voci di selva,
voci di rupi allucinanti e cave
come mostruose bocche spalancate.
All’inquieto turbinar dell’aria
anche i picchi rocciosi
ormai cantano…
Ma son canti o lamenti?
Son forse versi d’uccelli di rapina,
fors’anche urla d’anime d’uccisi
ad invocar vendetta
entro gli abissi profondi del tuo letto!
Autore Elio Aste
1989 - 1990
CACCIATORE NELLA SERA
O cacciator poeta, figlio del vento,
che riguardi i colori alla brughiera
ed ammiri il tramonto nella sera
ed ascolti i sonagli dell’armento,
t’inebria, ormai nel vespro, i sensi e il cuore
l’aspro odor del mentastro e del lentischio.
Scoppia improvviso del merlo il garrul fischio
dalla vicina macchia di già in fiore.
Sei solo e pensi: "primavera e' nell’aria e sulla terra…
Chiudera' diman la stagione delle cacce;
voleranno tranquille, alfin, starne e beccacce
la' sui crinali della boscosa "serra" (1)
Io vi saluto, o monti di Barbagia,
ove ancor erran le greggi a pascol brado.
E pure te saluto, o rio, ove il tuo guado
io ben conosco. Arrivederci, terra amata e selvaggia!
Autore Elio Aste
1985 - 1986
VORAGINE DEL GOLGO
In antico ti chiamarono "tomba" (1) , o tetro abisso:
tomba dei padri, ormai cadenti e anziani,
pronti a finir nel tuo profondo, sotto gli arcani
riti del mortal "riso sardonico"(2). Risuona or fisso
l’eco d’un canto tribale. Del sole e' gia' sceso il carro
dietro una chiara giogaia di monti.
Ardon le fiaccole. Cala il silenzio: tutti son pronti
allo spietato rito per risparmiare il prezioso farro
della comunita'. Ecco, il gruppo degli anziani s’avvicina
al bordo dell’abisso. Beve ciascun con tristezza
da una ciotola il succo, che da ebbrezza
e coraggio per superar della vita l’ultima china.
Un vegliardo, con una lunga barba bianca
e dai fluenti e candidi capelli,
parla con voce ferma e dice: "o fratelli,
o figli, se nella vita tutto ormai ti stanca
conviene andare. Lasciar il posto tuo, quando vien l’ora,
ai giovani ed ai forti per incontrar la morte!
Questo e' di noi vecchi il destin, questa e' la sorte
che dobbiamo seguir, seppur il nostro cuor dolora!"
Alza le scarne braccia a salutar la folla. E ride forte.
Quindi, senza esitar, balza entro il cratere orrido e nero.
Risuona a lungo quel riso nell’oscuro mistero
dell’abisso. Infin l’eco si spegne a suggellar la morte…
Autore Elio Aste
1985 - 1986
DIETRO UN ECO O UN RICHIAMO
Son tante, ormai, le albe ed i tramonti
d’un lungo e impervio mio fatal andare
dietro un eco o un richiamo…
Ho camminato col vento su rocciaie infocate
e negli arcani labirinti della foresta.
Ho udito il sommesso stormir delle foglie,
il gioioso canto degli uccelli
come un saluto al sole,
e quello triste d’un pastor,
errante senza speranza.
Ma tutto questo, o Natura, e' la tua voce…